Vi è una psicopatologia della vita quotidiana ai tempi della globalizzazione?
L’autore affronta tale quesito senza cadere in uno sforzo speculativo teorico o epistemologico, bensì incarnandosi nelle storie di ragazzi affetti da disturbi alimentari, oggi così diffusi (anoressia, bulimia, obesità, vigoressia, ortoressia), per precipitare dentro le esperienze di vita di ciascuno, trovando alcuni spunti di riflessioni sui grandi temi umani che oggi vengono trattati, talvolta, con discreta banalità: la sessualità, la differenza di genere, le genitorialità, le dipendenze, gli abusi e i traumi. Il medium del discorso è il corpo, che smette di essere sostanza dialettica e aperta al mondo per diventare un’icona disumanizzata.
«Perché dobbiamo piacere agli altri? Perché il tema del riconoscimento ci destabilizza così tanto? Non ho risposte preconfezionate, soluzioni da offrire, pretese salvifiche, ma ho capito sulla mia pelle che dobbiamo imparare, anche grazie a chi ci sta accanto, a prenderci cura di noi, a saper cogliere il “bene”, saperlo offrire come gesto d’umana accoglienza» (dalla postfazione di Martina Colombari).